Gli antichi romani
a tavola

Alimentazione e abitudini culinarie nell'antica Roma

La vita quotidiana dell’antica Roma si rispecchia profondamente nelle abitudini alimentari dei suoi abitanti, rivelando un mondo di contrasti tra sobrietà e opulenza. Dall’umile colazione mattutina consumata frettolosamente dai meno abbienti, ai sontuosi banchetti pomeridiani dei patrizi, ogni pasto rifletteva non solo il gusto, ma anche la struttura sociale e culturale di un’epoca. Emerge un quadro affascinante e complesso, che testimonia l’evoluzione delle pratiche culinarie influenzate dalle conquiste e dai commerci con terre lontane. In questo articolo esploreremo i cibi consumati dai vari ceti sociali e le innovazioni gastronomiche introdotte attraverso i secoli, gettando luce su come i Romani integrassero nella loro dieta nuovi ingredienti provenienti da tutto il mondo conosciuto. Attraverso le ricette e le consuetudini tramandateci scopriremo il ricco e variegato panorama culinario di una delle civiltà più influenti della storia.

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Pasti, luoghi, banchetti

Una giornata nell'antica Roma

Al mattino presto, appena sveglio e senza nemmeno lavarsi le mani, il Romano consuma uno dei due pasti principali della giornata: una colazione abbondante composta da pane, formaggio, frutta e carne. Spesso, si tratta degli avanzi della cena precedente, che gli invitati a un banchetto possono portarsi a casa in un cestino. Dopo aver svolto le prime attività della giornata, si dedica al prandium, uno spuntino leggero e veloce della tarda mattinata. Tuttavia, il vero evento culinario della giornata si svolge nel pomeriggio, quando il Romano benestante, dopo il consueto bagno alle terme, si siede a tavola verso le tre o le quattro del pomeriggio fino al calare del sole. Le portate sono numerose, arrivando fino a sei, ognuna con una varietà di piatti. Dopo l'antipasto, chiamato gustatio, seguono le portate principali di carne e pesce, concludendo con le secundae mensae, i dessert. La serata continua con il simposio, dove si beve vino - sempre diluito - accompagnato da qualche spuntino come i porri, che stimolano l'appetito.

L'etichetta e la disposizione a tavola

Una serie di norme di buona educazione e di etichetta regolano la cena, compresa la disposizione dei posti a tavola. Nel triclinio (sala da pranzo), il padrone di casa dispone i letti tricliniari, su cui gli invitati si distendono in due o tre, sostenendosi con il braccio sinistro. In questo modo, la mano destra è libera di afferrare i cibi dai bassi tavolini imbanditi davanti a loro. Il posto d'onore, detto "consolare", è all'estrema destra del letto centrale, chiamato così perché un messaggero, entrando dalla porta di fronte, può facilmente comunicare con il convitato ivi disteso. Il padrone di casa si siede subito a sinistra dell'ospite d'onore. Nelle case più ricche, ci sono più sale da pranzo, utilizzate a seconda della stagione e dell'orientamento: i triclini estivi, spesso seminterrati e con fontane e giochi d'acqua, sono orientati a nord, mentre quelli invernali guardano a ovest per cogliere gli ultimi raggi di sole della giornata.

Evoluzione dell'alimentazione romana

Durante l'epoca arcaica e repubblicana, l'alimentazione romana era sobria, basata su legumi, cereali, formaggio e frutta. Con la conquista dell'Oriente, sulle mense dei ricchi arrivano nuovi ingredienti da tutte le province. Accanto al pane quotidiano, alla puls (una sorta di polenta condita), ai legumi come lupini, lenticchie, ceci e soprattutto fave, oltre a lattughe, cavoli e porri, fichi, mele e pere, si cominciano a consumare anche cibi di lontana provenienza, come le ciliegie, importate dall'Oriente da Lucullo. I Romani poveri, ovviamente, non hanno accesso a cibi importati e costosi e continuano a consumare pasti frugali ed economici. I Romani ricchi, come tramandano le fonti, organizzano frequentemente banchetti cui partecipano amici e clienti. Qui, i cibi sono vari, cucinati con cura e molto elaborati, come descritto nelle ricette del cuoco Apicio. Sono molto apprezzate le uova di anatra, piccione e pernice e il pesce, sia fresco che in salamoia. Tra le salse più note dell'antichità vi è il garum, simile a certe salse orientali moderne a base di pesce salato e fermentato. Ancor più diffuso è l'olio d'oliva, importato principalmente dalla Baetica (odierna Andalusia) e dall'Africa settentrionale, le cui anfore di trasporto hanno formato il monte Testaccio a Roma.

Combinazioni di sapori

La carne bovina è rara, mentre è più comune la carne ovina e caprina, e il maiale è molto apprezzato in tutte le sue parti. Il consumo di insaccati è enorme e la carne di volatili, come pollame e selvaggina, è molto diffusa, prodotta intensivamente nelle ville rustiche o cacciata, insieme a selvaggina più grande come cinghiali, daini, cervi e caprioli. Una delle caratteristiche fondamentali della cucina romana è l'accostamento di gusti opposti: piccante con dolce, dolce con aromatico. Molte delle ricette tramandateci potrebbero oggi risultare poco gradevoli, come le pere lesse con miele, passito, salsa di pesce, olio e uova, o piatti a base di gru, fenicotteri, pappagalli e pavoni, che ornavano le tavole più raffinate.

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Le ricette di Apicio

De re coquinaria

Marco Gavio Apicio, vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., è uno dei più noti gastronomi dell’antica Roma. Membro dell’élite romana, conosciuto non solo per le sue abilità culinarie, ma anche per il suo stile di vita stravagante, il suo nome è legato al “De re coquinaria”, una raccolta di ricette che ci offre uno spaccato affascinante sulla cucina e la cultura alimentare romana. Suddiviso in dieci libri, copre una vasta gamma di piatti, dagli antipasti ai dolci, dai piatti di carne a quelli di pesce, inclusi i contorni e i condimenti.

Gli ingredienti utilizzati nelle ricette di Apicio sono vari e spesso insoliti per il gusto moderno. Tra i più comuni troviamo:

Garum: una salsa di pesce fermentato molto popolare nella cucina romana, utilizzata come condimento per una vasta gamma di piatti.

Spezie esotiche: come pepe, zenzero, e cumino, che dimostrano l’influenza delle vie commerciali che attraversavano l’impero.

Carni pregiate: tra cui il cinghiale, il pavone e il fenicottero, che erano considerati cibi prelibati.

 

Le tecniche culinarie di Apicio sono spesso complesse e riflettono una profonda conoscenza dell’arte culinaria. Alcuni esempi includono:

Cottura lenta: molte ricette richiedono lunghe cotture a fuoco basso, per ammorbidire le carni e permettere ai sapori di amalgamarsi.

Marinatura: l’uso di marinate per insaporire e intenerire la carne è una pratica comune.

Uso del miele: come dolcificante naturale, il miele è frequentemente usato non solo nei dolci, ma anche in piatti salati.

Una delle ricette più famose è la “Patina Apiciana”, un piatto a base di carne, spesso maiale o pollame, cotto con miele, vino, e spezie. Questo piatto esemplifica l’uso combinato di dolce e salato tipico della cucina romana.

Le ricette di Apicio rappresentano un patrimonio culinario di inestimabile valore, offrendo uno spaccato della vita e delle abitudini alimentari dell’antica Roma. Attraverso la loro analisi, possiamo comprendere meglio l’evoluzione della cucina occidentale e apprezzare l’influenza duratura delle tradizioni romane nella nostra cultura gastronomica. Le preparazioni elaborate e gli ingredienti esotici usati da Apicio sono testimonianza di un’epoca in cui il cibo era non solo nutrimento, ma anche espressione di ricchezza e cultura.

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Il banchetto
di Trimalcione

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